Poesie e lettere scelte

Poesie e lettere scelte

Shelley arriva a Lerici alla fine di aprile del 1822, e a Casa Magni scrive alcune delle sue liriche più intense. Di fronte al mare, lì, comincia a comporre quell'ambizioso, ambiguo, inquietante poemetto che intende celebrare "Il trionfo della vita", interrotto dalla tragica morte per annegamento. Nelle ultime lettere scritte da Lerici, turbate da un diffuso senso di angoscia, si avverte l'oscura consapevolezza che non si potrà comporre quell'armoniosa unità fra rigoroso impegno intellettuale (la sua 'passione di riformare il mondo') e totale abbandono alle ragioni naturali e imperscrutabili della vita, e della morte, che lo aveva ossessionato. Shelley aveva definito la poesia 'un continuo canto orfico', ma il suo poemetto finale si conclude, inconcluso, su un interrogativo: 'Allora, cos'è la vita?' Quando muore, non ha ancora compiuto trent'anni (sorte analoga era toccata a Keats, morto a Roma nel 1821, a ventisei anni, mentre Byron morirà in Grecia nel 1824, a trentasei), e tuttavia la sua opera - che sperimenta sul doppio registro di un controllato pensiero razionale e di un libero slancio visionario le pulsioni più autentiche del Romanticismo - ha già disegnato con esattezza il profilo di sé e di un'epoca. La sua poesia, luminosa, commossa, mai convulsa, nemmeno negli accenti di maggior sfiducia nei destini dell'uomo, continua a suggerire il primato fondamentale e insostituibile dell'immaginazione, della 'bellezza intellettuale': 'ciò che comprende tutta la scienza, e ciò a cui la scienza si deve riferire'.R. S.
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