Magazzino vita
Se una casa è sinonimo di vita, come illustri esempi letterari insegnano, una vecchia casa un pò decaduta, sempre meno intensamente abitata, racchiude in sé qualcosa di più complesso, come uno stipato e oscuro 'magazzino': un insieme di vita e di morte, di speranze sempre più fievoli o deluse, di sospetti e di rancori accumulati, e soprattutto di ricordi ambiguamente oscillanti fra il piacere e il dolore. Se la memoria collettiva di una famiglia, anche risalendo per le generazioni, lascia tutta una serie di ombre, di lacune involontarie o no, di omissioni più o meno interessate, di veri e propri segreti occultati con cura, qualcos'altro potrà parlare in sua vece? Sono due dei presupposti (il terzo è una pudica nostalgia per ciò che, nonostante tutto, ha avuto di buono il passato) dai quali muove questo nuovo e insolito romanzo di Isabella Bossi Fedrigotti, dalla scrittura che un grafologo della critica potrebbe (come sempre) definire acuta e puntigliosa, metodica e aerea. Il libro raffigura un autentico labirinto che muove nello spazio e nel tempo seguendo un filo apparentemente inestricabile e senza ben sapere se mai raggiungerà una via d'uscita. Il tempo è quello delle generazioni che in una stessa casa si sono susseguite o accavallate, influenzandosi, marchiandosi o contrastandosi a vicenda, sino a una sorta di decadenza da fine millennio. Lo spazio è quello di un viaggio attraverso le mura domestiche, dalla cantina alla soffitta, lungo scale e corridoi, attraverso sfilate di sale e salotti, di camere e locali di servizio: ogni parete, ogni finestra, ogni mobile, ogni oggetto, ogni carta recuperata parlano di persone e di storie, di incomprensioni e di drammi, di regole (chissà mai che qualcuno non le abbia addirittura poste per iscritto) e di tentativi di infrangere quelle regole. Il labirinto viene così ad assomigliare a una ragnatela e un ragno, forse innocuo, forse velenoso, che certo si annida da qualche parte, ha lasciato una vischiosa e nera striscia [...]
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