Naufragio
Nella notte tra il 4 e il 5 agosto scorso, a poca distanza da Casablanca, Ottone e il suo equipaggio, sulla barca Ciaika IV, sono naufragati dopo aver sbattuto contro una secca non segnalata sulla carta nautica di cui disponeva. Nessun danno fisico ma la conclusione amara di una grande passione. Perché la fine di una barca (al pari di quella di qualsiasi bene materiale al quale ci si leghi in modo ideale) è come la fine di un amore: si scopre all'improvviso di avere molto tempo a disposizione, ci si accorge che esiste pur sempre un altro mondo già dimenticato, si prova persino un senso di sollievo per il fatto di ridiventare liberi e padroni di se stessi, eppure si ha la nozione di un vuoto incolmabile. Capita così ad Ottone - uno dei più noti appassionati italiani di vela, lo scrittore che alle proprie esperienze di velista ha già dedicato "L'aliseo portoghese" - di rendersi conto che l'episodio trascende la pura cronaca: che non solo è degno di essere oggetto di dettagliata narrazione, ma che può fungere da stimolo alla riflessione sulla precarietà dell'esistenza e quasi da sintomo di un più generale stato di malessere. "Si" scrive "la navigazione è la vita, e l'una e l'altra sono imprevedibili, e anche quando sembrano tranquille e sicure, perché abbiamo costruito i nostri ridicoli muretti, possono cessare di colpo, scomparire, annullarsi..." La Storia, come tanti recenti eventi hanno dimostrato, è una sequela di naufragi. Proprio l'estate scorsa, la barca Italia ha cominciato a fare acqua. La stabilità economica e politica, e oggi tutti ben lo sappiamo, è sovente appesa ad un filo. Ed ecco che anche questo libro di Ottone - maestro nel prendere spunto dal quotidiano per costruire regole di vita esposte in modo non saccente e per organizzare esposizione di pensiero dal valore spesso pedagogico - si inizia come l' appassionante racconto di un'avventura (anzi, una disavventura) ma ben presto si pone al lettore come il lucido esempio di una possibile filosofia [...]
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