Gli angeli dello sterminio
Il Mac Mahon e le periferie della grande Milano, la vecchia malavita e le forme di una nuova delinquenza, gli spettacoli della Masiero e i vasti stadi dei riti giovanili, la bicicletta del 'dio di Roserio' e le potenti e tonanti moto d'oggi: non c'è scrittore che come Testori si sia immedesimato, dagli inizi del suo scrivere sino a oggi, nella vita della città. Si può leggere Testori da molte angolazioni, e nessuna di esse sarà risolutiva: l'espressionismo linguistico, la religiosità, il maledettismo letterario, l'intensissimo scambio con la pittura sono altrettanti modi di accostarlo e di capirlo, legittimi al punto di essere diventati addirittura canonici e quasi scontati. Ma se si pensa a Testori come romanziere di una città, ecco che forse si giunge a un luogo - Milano - dove tutte le componenti del nostro autore si mescolano, si fondono, si bruciano... Ancora una volta, ancora di più. Milano è protagonista di questo "Gli angeli dello sterminio"; è, si potrebbe dire, l'universo in cui il romanzo si chiude; è la voce che parla nel racconto. Ma come ci paiono lontani, leggendo queste pagine, i colori foschi eppur vivi, vibranti del "Ponte della Ghisolfa"! La Milano che oggi Testori ritrae, La Milano in cui si identifica con uno strazio nuovo, o forse meglio con una desolazione estrema, senza strazio, è una città corrosa, calpestata, quasi alla fine dei suoi giorni. L'avvampare della rivolta a San Vittore, l'avvampare della città stessa, attraverso la quale passano, come ciechi angeli di morte, centauri impazziti, offre l'immagine di una Milano irriconoscibile, di un mondo che si è perduto perché non ha più identità: nominarla, perfino nominarne gli abitanti, i luoghi diventa difficile. E nella versione terribile che Testori ci consegna in questo breve ma intensissimo romanzo sembra prefigurarsi un destino più ampio, più corale.