La pittura lombarda del'700
Per quanto concerne il Settecento lombardo è sufficiente partire dalla bibliografia per rendersi conto da che stato desolante di studi prenda avvio la perlustrazione di Marco Bona Castellotti. Tranne alcuni interventi monografici, concentrati su pochissime figure emergenti dallo stuolo delle comparse, fino a oggi chi ha cercato di indirizzare l'attenzione anche sulla produzione artistica di questo secolo dai confini confusi ha corso il rischio di perdere, a ogni piè sospinto, la rotta. Come per il Seicento si pone infatti, sin dall'inizio, il quesito di definire la regione non secondo i confini geografici, ma secondo una linea di cultura che spesso sbava verso zone limitrofe: Genova, l'Emilia o il Veneto (è il caso dell'area estesa tra Bergamo e Brescia, qui volontariamente scartata). Quanto poi a stabilire quale sia l'estensione reale del territrorio lombardo e quale ne sia il carattere - una volta accertato che il centro, ossia Milano, a Seicento scaduto, è definitivamente perduto - è cosa che risulta oscura anche alla fine di questa estenuante ma trascinante carrellata. Da un lato per il persistere a secolo inoltrato di connotati stilistici fortemente retrivi; dall'altro perché questo Settecento neghittoso, pieno di ripensamenti, di rigurgiti, forse di rimpianti, appare viceversa progressista, precoce e quasi profetico se si pesano le date delle prime manifestazioni lombarde del Neoclassicismo. Nonostante tali difficoltà, questo repertorio fa giustizia di una produzione spesso sottovalutata o malintesa, e illustra, con un'iconografia senza precedenti, l'estrema varietà del panorama pittorico lombardo del Settecento.
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