Planimetria di una famiglia felice
Il babbo sa disegnare il mondo, sfida la forza di gravità e costruisce una barca a vela nel seminterrato. La mamma è bellissima, ha i tacchi alti e ancor più alte pile di libri intorno a sé. Maria, la bambinaia, parla in calabrese stretto, non sa leggere e ha un cuore più grande dell'enorme giardino che circonda la casa. I ragazzi sono tre: Marco, alle prese coi primi turbamenti della pubertà, Gioele, afflitto da un'incoercibile balbuzie e da una pericolosa passione per la chimica, e la "Nana", che dal basso dei suoi sei anni osserva e racconta. E poi c'è lei: la villa abbarbicata sulla collina sopra Genova dove la famiglia è appena approdata per provare, forse, a diventare normale. Certo, bisognerebbe disperdere la folla di animali di ogni tipo che ritengono di aver diritto di cittadinanza tra quelle mura. Chiudere le porte per impedire che il vento circoli senza tregua per le stanze. Evitare di dormire tutti per terra in salotto solo per godere della luna piena attraverso le vetrate... O forse è proprio questa la planimetria di una famiglia felice? Aprire questo romanzo è come entrare nella grande casa dove è possibile un'infanzia incantata. Poi l'incanto finisce, tutti lo sappiamo: ma qualcuno ha il dono di rimanere in contatto profondo con quella prima luce. L'esordio nella narrativa di Lia Piano è sorprendente proprio per la sicurezza con cui mescola memoria e invenzione, evitando ogni facile nostalgia attraverso la leggerezza. Lo humour che percorre queste pagine è come un gas sottile, che circonda anche le cose difficili e le solleva dal pavimento e dal cuore, per farle volare in una dimensione dove sorridere, e sorridere di sé, è salvifico e magicamente contagioso.