La colazione dei campioni. Ovvero addio triste lunedì

La colazione dei campioni. Ovvero addio triste lunedì

«Unico... uno scrittore che compila, per noi, le nostre mappe personali, che dà un nome ai posti che conosciamo meglio» - Doris Lessing Uno scrittore di fantascienza, Kilgore Trout, povero in canna e probabilmente destinato a scomparire senza lasciare traccia pur avendo alle spalle una montagna di racconti pubblicati, viene invitato da un miliardario che sembra essere il suo unico ammiratore a parlare del suo ultimo romanzo a un festival della letteratura. Intitolato Ora si può dire, il romanzo è la storia di un uomo che crede di essere l’unica creatura dotata di libero arbitrio in un mondo di macchine. Inizia così il lungo viaggio di Trout attraverso gli Stati Uniti, fitto d’incontri stravaganti e di sorprese. Al tempo stesso, nella città dove si terrà il festival, un ricco e stimato concessionario di automobili comincia a mostrare i primi segni di quelli che potrebbero essere veri e propri attacchi di follia. Dwayne Hoover, questo il suo nome, ha un’ossessione: crede di essere l’unico uomo sulla terra capace di prendere autonome decisioni mentre gli altri non sono che macchine programmate per ostacolarlo e metterlo alla prova. Da qui il senso di frustrazione che lo assilla e lo spinge a compiere atti sconsiderati. I due uomini sono inevitabilmente destinati non soltanto a scontrarsi tra loro, con effetti esilaranti, ma anche a incontrare il loro creatore, Kurt Vonnegut, in un mondo e in un tempo irreale che somigliano straordinariamente a quelli in cui viviamo.
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