Autobiografia di un perdigiorno
Più che un'autobiografia questo libro è un ritratto dell'artista da farabutto. L'unico ritratto sincero e spietato che un grande scrittore come Waugh poteva consegnarci.«Queste pagine che raccontano gli anni più divertenti, stravaganti e debosciati del giovane Evelyn rimangono esemplari nel loro genere. Viene da chiedersi come mai questo libro sia rimasto finora inedito in Italia» – Mario Fortunato«Un libro così, benché minore per natura e ambizioni, zeppo di tediose divagazioni genealogiche e di affettazioni decadenti, è quanto di meglio per farsi un'idea della vena straordinariamente proficua di uno dei massimi scrittori di lingua inglese e del suo piccolo mondo antico mai abbastanza rimpianto» - Alessandro Piperno, la LetturaPer i libri di Evelyn Waugh – il grande scrittore inglese di Ritorno a Brideshead, Declino e caduta e altri capolavori di eleganza e sense of humour – bisognerebbe inventare un genere diverso dal risvolto di copertina e mettere in guardia il lettore. Prendiamo questa Autobiografia di un perdigiorno (anno 1964) per la prima volta tradotta in italiano. Non aspettiamoci la solita autoglorificazione dello scrittore di mezz'età: Waugh ci accompagna prima a conoscere il suo albero genealogico zeppo di caratteracci e tipi bizzarri, poi passa a tratteggiare un padre vagamente ostile e una madre vagamente chioccia, ed ecco infine il giovane Evelyn così insicuro della propria vocazione letteraria e così malevolo verso se stesso da rasentare casomai l'autodiffamazione. Come scrive Mario Fortunato nella nota che introduce il volume, «la realtà per Waugh non è che la nostra fantasia ridotta ai minimi termini». Di conseguenza molti personaggi realmente esistiti – da Harold Acton a Anthony Powell, Nancy Mitford e tanti altri compagni a Oxford di una giovinezza scapestrata e parecchio alcolica, ripercorsa con divertimento e qualche nostalgia – assumono nomi fittizi e si trasformano in personaggi romanzeschi imprevedibili e capricciosi, dando vita a una girandola di situazioni degne della migliore letteratura umoristica del Novecento. Perciò in guardia, lettore: più che un'autobiografia questo libro è un ritratto dell'artista da farabutto. L'unico ritratto sincero e spietato che un grande scrittore come Waugh poteva consegnarci.