Nathan e invenzione di Roma. Il sindaco che cambiò la Città eterna
È stato il «miglior sindaco di Roma». Eppure la sua storia è pressoché sconosciuta, come la grande stagione capitolina di cui fu protagonista. Il racconto di una figura controversa, di un irregolare in una straordinaria fase di vita del paese.«In sei anni Nathan cambiò la capitale e inventò un modello fruibile per la Roma che verrà, per altre città, persino per chi sia chiamato a governare un paese. Ma è un modello rimasto confinato nel mito, nessuno lo ha ripreso. Perché?»Nathan era diventato sindaco di Roma nelle ultime settimane del 1907, alla guida di una coalizione diversa da quelle del passato, che metteva assieme liberali e repubblicani, radicali e socialisti. Eccentrico signore di sessantadue anni, allora si conosceva di lui soltanto l'essenziale: anticlericale, ebreo, repubblicano, nato a Londra ed estraneo agli interessi vivi che si muovevano in città. Non era iscritto a nessun partito e si era presentato all'appuntamento elettorale con un atteggiamento antidemagogico: sostenendo di essere pronto ad «accettare suffragi ma non a cercarli». La Giunta Nathan in sei anni cambiò il volto della capitale. Portò idee e idealità: la scuola laica e per tutti; la lotta ai monopoli e alla rendita; servizi pubblici efficienti e tecnologicamente all'avanguardia, capaci di fare concorrenza all'impresa privata; la partecipazione dei cittadini alle scelte; il rispetto delle regole. Molte le intuizioni e le anticipazioni: la denuncia contro gli amministratori incompetenti suggeriti dai partiti; il primato della politica sullo strapotere della burocrazia capitolina; l'appoggio a intellettuali anticonformisti e innovatori come Maria Montessori. Fabio Martini ripercorre la storia di quegli anni e indaga le tante lezioni offerte dal «sindaco straniero» per comprenderne appieno la figura di amministratore illuminato, fautore di una grande stagione riformatrice, di un modello di governo che, a distanza di decenni, offre suggestioni ed esempi di evidente attualità, ben oltre la realtà romana. Tra l'interesse acceso ma intermittente delle élite intellettuali e l'enfasi celebrativa ma poco emulativa della politica, un interrogativo rimane: perché Nathan non fece scuola?