Elogio della condizione ibrida. Natura, sesso, tempo e altri pregiudizi
L’omogeneità è una qualità positiva? Quale che sia la risposta, si tratta di una condizione dalla quale siamo spesso ben lontani. E per fortuna. Emanuele Coco allestisce un contrappunto tra biologia, letteratura e filosofia per sfatare una delle vulgate più fake della storia – il mito della purezza – e sviluppa un racconto attorno ai vantaggi della condizione ibrida portando il discorso dalla dimensione dei sistemi viventi all’esperienza umana. Ibridi siamo noi quando avvertiamo un inconscio disallineamento tra i nostri desideri e la realtà che ci circonda (è su questo disallineamento che si fondano molte delle intuizioni pioneristiche di Freud e Jung nel campo della psicanalisi); o quando, alla maniera di Galileo e Goethe, mettiamo in campo tutte le nostre straordinarie competenze, in una contaminazione di saperi capace di portare a risultati – creativi, pratici – sorprendenti. Contro la monotonia ideologica di un mondo pensato come uniforme, è necessario guardare alla varietà che la vita nella sua interezza esprime: la condizione ibrida – nel mondo animale, nella nostra mente e più in generale nella storia dell’uomo e della Terra – mostrerà così tutta la sua eleganza, la sua intrinseca intelligenza intesa nel senso di utilità. Un libro portatore di filosofia ottimista, che invita a ritrovare una visione diversa della vita, articolata e molteplice. Per abbracciarla, si dovranno abbandonare le monolitiche concezioni stantie, i mesti richiami all’univocità e imparare a osservare il reale nella sua complessità. Tutto questo richiede un ripensamento, un ribaltamento di modi e prospettive. Richiede, forse, un briciolo di follia, proprio quella che, come caldeggiava Erasmo cinquecento anni fa, potrebbe rivelarsi molto più savia e benefica di quanto non sospettiamo.
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