Un pessimo affare. Il delitto Borsellino e le stragi di mafia tra misteri e depistaggi
Alle 16.58 del 19 luglio 1992 in via D'Amelio, a Palermo, scende la notte. Un'esplosione devasta la strada e le auto parcheggiate uccidendo il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. È l'attentato più annunciato della storia. A meno di due mesi dalla strage di Capaci in cui è morto Giovanni Falcone, senza che sia stato fatto nulla per evitarlo. E senza essere arrivati, trent'anni dopo, a una verità definitiva su mandanti e responsabili. Giovanni Bianconi ricostruisce in queste pagine quel tragico evento tra misteri, dettagli e testimonianze inedite o dimenticate: i precedenti tentativi di attentato contro il magistrato, le polemiche sulle protezioni inadeguate, l'ipotesi della candidatura alla Superprocura e poi la bomba, i traffici intorno alla macchina in fiamme, la borsa ricomparsa vuota e l'agenda rossa sparita. Fino al grande depistaggio delle indagini, con la creazione di un falso pentito. Un delitto che porterà all'adozione di nuove norme contro la criminalità organizzata e risulterà un «pessimo affare» per i mafiosi. Ma intrighi e coperture avevano caratterizzato anche le indagini dell'attentato in cui perse la vita il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa dieci anni prima: come e perché sparirono le carte del generale inviato a Palermo a seguito dell'assassinio di Pio La Torre? Chi ha voluto davvero quell'omicidio rivelatosi controproducente per Cosa nostra? Anomalie, interrogativi e false piste che ricorrono in altri episodi della nostra storia, come la strage neo- fascista di Brescia del 1974. Coincidenze che l'autore ricompone come tasselli di un ampio affresco di crimini e complicità che ha segnato indelebilmente il Paese e chiede ancora verità e giustizia.