L'opera alchemica in frate Elia
Chi si accosta ai manoscritti di Frate Elia e li ascolta parlare, rimane stupito e pieno di meraviglia: c'è un messaggio che viene da lontano, attraverso la storia, una storia ancora viva. Nel silenzio della scrittura delle carte si avverte come un'eco di ripetuta vita, che va oltre il tempo e giunge fino a noi. Dai codici riportati fedelmente dalla Partini - il Vade Mecum e il De Secretis Naturae - risulta il duplice aspetto di Frate Elia, mistico e pratico, propenso a conciliare gli opposti insiti nella propria natura e desideroso di unire l'Impero e il Papato, la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Il presente testo si articola in due parti: nella prima, dopo aver presentato alcuni cenni biografici su Frate Elia, l'autrice tratta brevemente dell'alchimia attraverso la sua storia e le sue applicazioni. Successivamente, entrando nel merito degli scritti attribuiti a Frate Elia, a cominciare dal famoso sonetto Solve et Coagula, la Partini si sofferma sulla tavola III di un manoscritto splendidamente miniato, l'Harley 3469 (1582), conservato nella Biblioteca del British Museum di Londra, che contiene lo Splendor Solis di Salomon Trismosin. Sullo scudo su cui il "guerriero ermetico" poggia la mano, è inciso a caratteri d'oro su fondo rosso, il sonetto di Frate Elia per intero, in latino: una chiara testimonianza dell'interesse suscitato attraverso i secoli da tale componimento. Nella seconda parte, invece, viene analizzata la figura di Elia attraverso la lettura dei suoi manoscritti originali.