La relazione psicobiologica madre-feto

La relazione psicobiologica madre-feto

Gli animali, l'uomo tra questi, a differenza dei vegetali possono muoversi. Vi è però, anche per l'uomo, un periodo in cui è fissato al terreno come un albero, in cui ogni movimento che vada oltre quelli previsti in uno spazio chiuso non è strettamente dipendente da lui e nel caso succeda può significare la fine di ogni sviluppo psicobiologico ulteriore. Mi riferisco, ovviamente, alla vita intrauterina. L'essere umano viene piantato con tutta la sua filogenesi (paterna e materna) nel terreno psicobiologico della madre... Lo spostamento sulla rappresentazione psichica della radice fisica fa sì che l'uomo viva nella perpetua ricerca di un terreno nel quale trasferire le sue radici psichiche. Una perpetua ricerca che tento di studiare osservando i rapporti tra due elementi macroscopici del (divenire), la madre e il figlio... Nei momento in cui sgravandosi, la madre perde" il figlio uterino e quindi il rappresentante fallico della sua completezza, il figlio (venendo alla luce), perde la simbiosi placentare con la madre ed ha la prima esperienza di perdita irreversibile: non della madre ma della placenta, l'anello di congiunzione. I dati che considero in questo lavoro, si riferiscono alle dinamiche della relazione psicobiologica tra i due macroelementi della vicenda, alla luce del modello immunitario che descrive le relazioni tra un organismo ospite ed uno trapiantato, utilizzando i concetti di reazione, di rigetto e di facilitazione." (Nicola Peluffo)
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