I cacciatori romantici

I cacciatori romantici

«C¿è qualcosa di nuovo oggi nell¿aria, anzi di antico», ho pensato leggendo questi racconti di Vincenzo Chianini. Di nuovo perché ogni storia di caccia, nella sua insistita ripetitività, è sempre nuova, e anche perché aleggia in queste pagine un forte presagio dei tempi che verranno, della caccia del futuro. Di antico le pagine di Chianini sono piene. Di questo antico fa parte anche la Maremma. Maremma amata, Maremma sognata, soprattutto ricordata. Non dico certo una novità se affermo che quella terra non esiste più, distrutta dalle bonifiche fasciste, dall¿Ente Maremma e dalla scomparsa di quel mondo contadino che la permetteva e la sosteneva. Con tutto il rispetto per Vincenzo Chianini, per Eugenio Niccolini, per Fattori, Cecconi e magari Puccini, non la rimpiango. Non ho mai incontrato personalmente Chianini, eppure, stranamente, lo ricordo: un uomo discreto, grassottello, pizzo e barba alla moschettiera, cacciatora di fustagno e gambali di cuoio sempre, anche nei locali di «Diana», di cui è stato per lunghi anni apprezzato direttore. A lui è impossibile negare, oltre ad altre infinite doti, anche una certa vena sotterranea di sapore e gusto satanici, pur se ¿ ne sono certo ¿ lui l¿avrebbe negata con forza. Ma il buon Chianini scrisse anche pagine struggenti e piene di poesia dedicate alla madre, una nobile empolese, di carattere forte ma dolcissima con il figlio. Non so cosa ne avrebbe pensato Freud. Una doppia personalità? Non lo escluderei, ed è forse per questo che le storie raccontate in questo libro mi sono piaciute tanto. Ognuno ha il suo lato oscuro. (Dalla Prefazione di Piero Pieroni)
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