Capitale di rischio e sviluppo dell'impresa
Il sistema industriale italiano presenta, tra le altre, due peculiarità degne di nota: la vastissima presenza di imprese di piccole dimensioni e una struttura finanziaria particolarmente orientata all'indebitamento. Tali caratteristiche mostrano oggi tutti i propri limiti. Sotto il profilo dimensionale, per molte imprese lo sviluppo non costituisce più un'opzione ma un obbligo: l'inasprimento della concorrenza e l'esigenza di internazionalizzazione, l'imporsi della grande distribuzione e gli altri mutamenti in corso spingono a ritenere che una "spina dorsale" costituita da imprese di dimensioni ridotte non sia sempre idonea a sopportare il peso della moderna competizione internazionale. In particolare in alcuni settori, la permanenza sul mercato sarà sempre più subordinata al conseguimento di una "dimensione ottima minima" superiore a quella attuale, e quindi allo sviluppo delle imprese ivi operanti. Sotto il profilo delle strutture finanziarie, vi è da rilevare che il massiccio ricorso all'indebitamento si presenta del tutto inadatto a sostenere la crescita delle imprese, e che la "via finanziaria allo sviluppo" (intesa come indebitamento) non sembra più in grado di assicurare una crescita equilibrata e priva di rischi eccessivi. Lo sviluppo, infatti, trova il propellente ideale nel capitale di rischio. Tale principio diventa imprescindibile ove gli investimenti aziendali assumano sempre più spesso natura immateriale, e la variabilità ambientale imponga alle aziende un elevato grado di elasticità finanziaria, che può essere garantito solo da un alto livello di capitalizzazione.
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