La furia
La sera del 27 agosto 1934 cinquantasei ragazzini evadono dalla Colonia penale per minori di Belle-Île-en-Mer, un'isola al largo della Bretagna. Subito le guardie e i gendarmi organizzano una vera e propria caccia, a cui prende parte anche la «brava gente» del posto e perfino qualche turista. La ricompensa è di venti franchi per ogni fuggiasco. In poco tempo tutti vengono catturati. Tutti tranne uno, non sarà mai ritrovato. Quando viene a conoscenza di questa storia Sorj Chalandon pensa: quel ragazzino sono io. Immagina il suo nome, Jules Bonneau, racconta la sua storia. Jules, abbandonato dai genitori, vive in casa dei nonni paterni, che non esitano a liberarsene appena finisce davanti alla Giustizia. A soli tredici anni si ritrova in un cosiddetto Istituto di rieducazione, in realtà una prigione. Dentro quelle mura, Jules impara a farsi rispettare e temere, guadagnandosi il soprannome di Tigna, per sopravvivere a una realtà dominata da soprusi e violenze. E mentre sogna di diventare marinaio, dentro di lui cova una rabbia che fa fatica a contenere. Chalandon si infila nella pelle di un ribelle cresciuto senza amore e scrive il suo romanzo più potente, che più gli assomiglia: «Perché questa rabbia è sempre stata in fermento dentro di me. È una rabbia autobiografica». E a quel ragazzo che avrebbe potuto essere lui, vissuto nell'oppressione degli adulti e della società, offre una possibilità di salvezza, quella di aprire i pugni per accogliere mani amiche, e trasformare la sua furia in bellezza, l'odio in fiducia.