Cani del barrio. Un'indagine dell'ispettore Ferraro (I)

Cani del barrio. Un'indagine dell'ispettore Ferraro (I)

In un bosco fuori città un furgone scarica un uomo imbavagliato. Due energumeni dal volto coperto riempiono di botte il malcapitato, poi lo legano a un albero. È chiaramente un'esecuzione. Ma il posto non è davvero isolato, stava passando di là, per caso, un cacciatore che riesce in qualche modo a far fuggire i criminali e a chiamare le forze dell'ordine. L'uomo che ha rischiato la morte è un pezzo grosso. Un imprenditore «etico», molto corteggiato dalla politica, che ha costruito la sua fortuna combattendo mafie e malaffare. Chi lo voleva uccidere? Il problema è che lui non lo sa. O forse non lo vuole dire. Con la solita accidia che lo contraddistingue, Ferraro – obbligato da Augusto Lanza, il suo stralunato superiore – si trova a indagare su un caso che lo condurrà nel ventre molle della Milano da bere, anche se è un altro il mistero che lo appassiona: una donna di origini sudamericane ha denunciato la scomparsa del figlio adolescente. Si sospettano affiliazioni a bande di latinos, gente che va in giro a marcare il territorio con la violenza, armata di machete. Ferraro seguirà così una doppia indagine, come sempre aiutato dai colleghi, vecchi e nuovi, e dai consigli della figlia Giulia, che gli fa da traghettatrice nel mondo disilluso dei ragazzi di questa generazione. Tutto ciò mentre un virus letale imperversa in Cina. Sembra una cosa lontana. Ma non lo è affatto.
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