Taccuino di un allegro ubriacone

Taccuino di un allegro ubriacone

Il rituale di scrittura bukowskiano prevede radio sintonizzata sulla stazione di musica classica, birra e pacchetto di sigarette. Oltre, ovviamente, all'eterno monito: mai mettersi alla macchina da scrivere se non si ha nulla da dire. E a giudicare da questa raccolta, inedita in Italia, il nostro Vecchio Sporcaccione ne ha ancora per tutti. Sardonico, corrosivo, ironico, in questi testi Charles Bukowski si dedica ai suoi temi più cari, diventati ormai un feticcio: le donne, il sesso, l'alcol, le corse dei cavalli, gli incontri di pugilato... Ma, a modo suo, stavolta l'autore esce dai vicoli e sale in cattedra, dispensando consigli a scrittori esordienti e non, con quella lucida, anarchica follia che non smette mai di stupire il lettore. E che è fonte inesauribile di nuove storie. Su tutte, spiccano due imperdibili chicche: il brano in cui Bukowski rivela il vero motivo della sua renitenza alla leva e quello in cui, per la prima volta, spiega l'origine del nome Chinaski, suo alter ego letterario, ovvero colui che meglio di chiunque altro sa incassare i pugni sul mento (chin) e le beffe del destino.
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