Voci dal piano di sotto
Trentuno racconti brevi che danno vita ad un universo di moderata follia; casi semipatologici di persone che s’impuntano: alcuni lo fanno in piccolo, quasi con un velo di discrezione, così, senza nemmeno accorgersene; altri s’immolano in grande stile alla catastrofe, con improvvise ventate di surrealtà, che è solo un altro aspetto della realtà. Storie sempre storte e a sorpresa, in una lingua campagnola, direbbe Gianni Celati per lodarla, dove i personaggi si presentano in genere con cognomi impoetici e felicemente stonati. Ci sono, nelle ultime due narrazioni in particolare, scorci della città di M*, che esiste effettivamente, ma che secondo Mammi non è ancora matura al punto giusto per apparire col nome intero.