Tradurre la luna. I romantici tedeschi in Tommaso Landolfi (1933-1946)

Tradurre la luna. I romantici tedeschi in Tommaso Landolfi (1933-1946)

Se è vero che «Landolfi traduttore felice di esserlo non lo fu mai», cosa lo spinse a dedicarsi quasi per tutta la vita alla traduzione (dal russo, dal tedesco e dal francese), mentre scriveva racconti, elzeviri, poesie, diari e persino una tragedia in endecasillabi e qualche romanzo? Molti, lui compreso, chiamerebbero in causa le necessità alimentari, visto che chiedeva agli editori «astronomici esborsi» e licenziava le sue versioni con estrema rapidità e nonchalance. Ma l'ipotesi di partenza del libro è che ci sia qualcosa di più. La scrittura di traduzioni è intimamente connessa alla scrittura in proprio: la ispira, la incalza, la ibrida, la contraddice. Il caso preso in esame è quello delle sue prime traduzioni dal tedesco, ovvero alcune fiabe dei fratelli Grimm e il romanzo romantico per eccellenza, lo Heinrich von Ofterdingen di Novalis. In parallelo viene condotto un serrato confronto con le opere scritte negli stessi anni: i racconti del Dialogo dei massimi sistemi (1937), il romanzo La pietra lunare (1939) e la fiaba Il principe infelice (1943). Alla fine di questo percorso, come immagine della polifonia che anima le due scritture landolfiane, il lettore troverà la misteriosa lotta amorosa che si svolge in una notte di luna piena tra una capretta dei monti Aurunci e Gurù, la portentosa donna-capra.
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