Discipline filosofiche (2020). Ediz. bilingue. Vol. 1: Realismo, pragmatismo, naturalismo. Le trasformazioni della fenomenologia in Nord America.
«Come direbbe Quine (1986, p. 78), ci sono delle situazioni in cui è necessario «allentare la richiesta della definizione». È il caso della storia della fenomenologia nel continente nordamericano, rispetto alla quale sono possibili due atteggiamenti ermeneutici molto distanti tra loro. Posto infatti che non è per nulla facile stabilire che cosa propriamente significhi la parola "fenomenologia" negli Stati Uniti del Novecento (d'altronde il dibattito era aperto anche in Europa tra i suoi fondatori), si è stati spesso tentati di stringere la morsa della definizione, restringendo lo spettro semantico delle sue accezioni alla sola storia della ricezione e interpretazione della fenomenologia husserliana, e questo certamente con valide motivazioni. Infatti, c'è stato un tempo in cui "fenomenologia" negli Stati Uniti e in Canada significava per lo più soltanto "filosofia husserliana". Si è pensato allora d'identificare un canone e di poterne in qualche modo seguire le traiettorie, al netto delle numerose deviazioni interpretative. L'identificazione di un canone produce infatti il vantaggio di poter indirettamente classificare anche le deviazioni, nella misura in cui queste divergono rispetto a un asse storico principale i cui confini siano stati appunto ben definiti. Questo tipo di approccio "intensionale" alla definizione (per continuare a parafrasare Quine) soffre tuttavia di alcune limitazioni. È certamente lecito, oltre che corretto storiograficamente, interpretare la prima diffusione delle idee fenomenologiche nell'America del Nord come una storia di "ricezione", ma già molto presto questo tipo di dinamica interpretativa si è trovata costretta a fare i conti col tema dell'" assimilazione". Negli Stati Uniti di inizio Novecento idee e correnti filosofiche sono in movimento, tanto da far prendere piede l'idea che esista una filosofia genuinamente "americana", non definibile per saturazione d'influssi europei (Schneider 1963, pp. 516-517; Sellars 1969, p. 5). Questa dimensione autoctona del pensiero americano ha fatto sì che le idee allogene finissero spesso col venire assimilate aí grandi temi discussi dai movimenti che occupavano il centro della scena filosofica. Il pragmatismo, la grande stagione dei realismi e, dopo ancora, gli articolati dibattiti intorno al naturalismo filosofico segnavano, per così dire, il perimetro del territorio: tutto ciò che entrava nell'arena dei dibattiti locali veniva parametrato secondo criteri interni di definizione...» (Dall'Introduzione)
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