Quando le ombre si staccano dal muro. Testo veneziano a fronte
"Quando le ombre si staccano dal muro" permetterà a un pubblico più ampio di conoscere una voce originalissima nella poesia italiana tra i due secoli. «Capace di densità ritmiche e semantiche notevoli, specie sul versante dialettale» - Blow Up Francesco Giusti appartiene a una generazione che segue quella dei poeti nati negli anni Venti, come Pasolini, Loi, Pedretti. La sua è una generazione che scrive tanto in dialetto che in lingua, una generazione, cioè, per la quale il movimento e quasi l'andirivieni da una lingua all'altra è connaturato al gesto poetico. Le due lingue si nutrono l'un l'altra e vivono così intimamente l'una per l'altra, che anche quando una delle due sembra assente, essa dev'essere considerata virtualmente presente. Giusti scrive soprattutto in un inconfondibile, asintattico, rigoglioso italiano, ma c'è sempre dialetto nella sua poesia in lingua, così come c'è sempre lingua nel suo liquido dialetto veneziano. In questa ultima e più matura raccolta, il poeta, con una novità forse senza precedenti, può così invertire il movimento abituale della traduzione, che va dal dialetto alla lingua, e traduce in dialetto alcune delle sue poesie in lingua, come se la poesia non potesse più dimorare nell'identità di una sola lingua e, in una sorta di trafelato bilinguismo, si muovesse incessantemente da una lingua all'altra, quasi a significare che il suo vero luogo è nello spazio bianco che le unisce e divide. Prefazione di Giorgio Agamben. Con un saggio di Elenio Cicchini.
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