La ricerca come antipedagogia
La ricerca, qualora resti chiusa in una concezione e in una pratica puramente didattica che non tengano conto né del contesto istituzionale della scuola né delle forze che agiscono nella società, è incapace di modificare nella sostanza i metodi tradizionali di insegnamento e di apprendimento. Proprio la necessità di una rottura porta l'autore a costruire una 'antipedagogia' che convogli nella scuola le risorse culturali e sociali più avanzate, le metodologie adatte ad affrontare in modo efficace problemi rilevanti nei vari settori del sapere e nelle varie situazioni reali. La metodologia della ricerca viene presentata con argomentazioni rigorose e insieme accessibili in tutti i suoi aspetti: condizioni generali di praticabilità, varie forme (storica, descrittiva, sperimentale, tecnologica, operativa) e vari strumenti (osservazione sul campo, procedure di laboratorio, questionario, intervista ecc.). Largo spazio è dedicato alla ricerca di gruppo come forte mezzo di incentivazione dei processi di apprendimento e di produzione, e di sviluppo di energie creative. Numerosi esempi spaziano su vari settori delle scienze fisico-matematiche, naturali e sociali. "La ricerca come antipedagogia" - pubblicata per la prima volta nel 1969 - ha suscitato un grande interesse nel mondo dell'educazione, come testimoniano le numerose ristampe. L'aspetto più originale dell'opera sta nel rapporto partecipato e dialettico che la lega alla protesta giovanile del 1968. L'autore, pur condividendo con il movimento studentesco l'esigenza di svecchiamento dei sistemi di educazione, combatte un atteggiamento 'anticulturale' da allora diffuso e sostiene che solo attraverso la costruzione di una nuova cultura si può arrivare al rinnovamento sociale.
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