Jean Genet. Epopea di bassavita
E solo Jean Genet la notte tra il 14 e il 15 aprile 1986 nella camera parigina dell'Hotel Jack's. Settantaseienne, è solo e malato da anni: un cancro alla gola dura ormai da troppo lungo tempo. Fino a quella primavera, di solitudine aveva vissuto: e se è vero che soli si muore, così stava morendo. Il cancro proliferava dal lontano maggio 1979. Non l'aveva piegato né vinto, solo indebolito al punto da fargli perdere l'equilibrio nottetempo. A Jacky Maglia il destino affida il compito di ritrovarne il corpo esanime. E verificare che un'ecchimosi alla nuca testimonia una caduta rovinosa anzitempo intervenuta sul cancro: a frustrarne la gloria. Galeotto, ladro, omosessuale, anzitutto grande scrittore. Tra gli anni Quaranta e i Sessanta Jean Genet brucia la propria scommessa d'autore: dal "Condannato a morte" al "Pescatore del Suquet" in poesia, da "Nostra Signora dei Fiori" a "Miracolo della Rosa", da "Pompe funebri" a "Querelle di Brest" a "Diario del ladro" nella narrativa, da "Vigilanza stretta" alle "Serve", dal "Balcone" ai" Negri", ai "Paraventi" nel teatro. E dopo un silenzio di vent'anni, "Quattro ore a Chatila" e "Un captif amoureux", dono d'amore per il popolo palestinese (l'eccidio di Chatila, 1982) e i deraciné della storia contemporanea, i Noirs americani e i fedayin di Palestina.
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