Le persone del verbo
"Forse dovrei aggiungere qualcosa sul fatto che non scrivo più. Molti me lo chiedono; io stesso me lo chiedo. E chiedermi perché non scrivo, inevitabilmente rimanda a un'altra domanda molto più inquietante: perché scrissi? In fin dei conti leggere è la normalità. Le mie risposte preferite sono due. La prima, che la mia poesia è consistita - senza che ne fossi consapevole - in un tentativo di inventarmi un'identità; una volta inventata, e assunta, non mi capita più di concepire ogni poesia che scrivo come una scommessa, che era quel che mi appassionava. L'altra risposta è che si è trattato di un equivoco: credevo di volere essere poeta, ma nel fondo volevo essere poesia. E in parte, anche se male, ci sono riuscito; come qualsiasi poesia mediamente ben fatta, ora sono privo di libertà interiore, sono tutto necessità e sottomissione interna a quel tormentato tiranno, a quel Big Brother insonne, onnisciente e ubiquo - Io. Per metà Calibano e per metà Narciso, lo temo soprattutto quando, accanto a un balcone aperto, sento che mi domanda: 'Che fa un ragazzo degli anni '50, come te, in un anno indifferente come questo? All the rest is silence'".Edizione con testo a fronte.
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