Il pensiero politico e i volti del male. Dalla «stasis» al totalitarismo
Partendo da uno degli atti fondativi del discorso politico, quello del Protagora, che ad esso attribuiva la capacità di salvare l'umanità dallo stato di dispersione ferina in cui si trovava prima di ricevere i doni di Zeus, il volume interroga le modalità attraverso cui le speranze redentive sono state via via deluse, facendo emergere i rischi che hanno accompagnato l'opera d'istituzionalizzazione del potere. Guardando la politica dal suo interno e avvicinandosi non genericamente al male, ma ai suoi specifici mali, quelli che essa istituzionalmente produceva o lasciava sussistere nella sfera del sociale, il volume offre un racconto di ciò che, di volta in volta, è stato considerato come il pericolo più urgente, scaturente dalla logica del funzionamento delle istituzioni o dalla lotta per l'acquisizione del potere, visto come categoria del politico e insieme come sua più alta posta in gioco. Organizzato non secondo una logica tipologica, ma secondo l'emergenza storicamente determinata della percezione del negativo, nella pluralità dei modi del suo darsi, il volume prende in esame il male degli antichi, tanto in Grecia che a Roma, per giungere, attraverso il Medioevo e la modernità, fino all'estremo, in cui il rovesciamento distopico del "principio speranza" si salda con la fabbrica della morte nella tragedia dei totalitarismi, e con la stessa possibilità della fine della storia.
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