Non tanto diversi. Attività nei centri diurni per persone adulte con disabilità. Teoria e buone prassi
E ancora possibile proporre un fare innovativo nella realtà dei centri per persone disabili? E possibile sviluppare l'integrazione in un'ottica inclusiva? E possibile, sostengono le autrici di questa guida, partendo dalle attività, in un centro aperto all'esterno che si confronta con un mondo in continuo cambiamento dove il fuori si traduce in opportunità e trasformazioni. Un centro diurno dunque che sia attivo, luogo di incontro e di partenza, dove si entra e soprattutto si esce, dove le persone possano scegliere, che accoglie i gravi ma non svilisce le proposte, non gioca al ribasso, non si fa limitare dai limiti. Un centro diurno che abbia una "teoria" costruita sugli apporti contemporanei a proposito di emozioni-interazioni-relazioni. La persona deve essere messa al centro e la qualità della sua vita deve essere svincolata dalla cura del deficit e dall'illusione che ogni gesto sia "terapia". Il "fare" deve dare piacere e deve diventare significativo per la persona e per chi le sta vicino: con le opportune sollecitazioni, tutti possano trovare un proprio posto nella comunità. La buona prassi è fatta di cose piccole ma chiare.
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