Il teatro dell'essere
questo saggio esamina il modo in cui il teatro può illuminare il principale tema metafisico della nostra tradizione: la natura del soggetto nella società contemporanea. Dopo una disamina della nozione di "io" all'interno della filosofia, l'autore si rivolge ai maestri del teatro, da Stanislavskij e Grotowski fino a Brecht, per dimostrare come gli attori teatrali promuovano e sviluppino la ricchezza del soggetto attraverso la recitazione. Due importanti capitoli sono inoltre dedicati al ruolo degli spettatori e al giudizio morale nel teatro e nell'io. Per anni Bencivenga ha sostenuto che la soggettività ha un carattere teatrale, che l'io è costituito da voci molteplici costantemente in dialogo l'una con l'altra. Chiaramente si tratta di un dialogo metaforico: non sempre le voci si parlano, qualche volta si appropriano del corpo e lo muovono a modo loro. Questo studio sulla pratica dell'attore è quindi quanto mai opportuno per indagare la metafisica del soggetto. Platone aveva scacciato gli attori dalla sua repubblica ideale, per evitare la molteplicità che incarnavano e la distrazione che causavano, impedendo ai cittadini di concentrarsi unicamente sul loro ruolo sociale. Con un'inversione di centottanta gradi, l'autore propone in questo saggio una repubblica degli attori, in cui la molteplicità sia la regola e la distrazione uno strumento prezioso.