La mia IBM. Chi dice che gli elefanti non possono ballare?
Il 1990 era stato l'anno più redditizio nella storia dell'IBM, ma nel successivo triennio il settore informatico fu segnato da violenti cambiamenti. Nel 1993 il colosso denunciava perdite per 16 miliardi di dollari e c'era chi parlava apertamente di fallimento e chiusura. Le cause? Dimensioni elefantiache, limitata cultura aziendale e il successo del personal computer, una macchina che - paradossalmente - l'IBM stessa aveva contribuito a inventare. Poi il timone fu preso da Lou Gerstner. Di fronte al rapido declino di un'icona dell'industria americana, nessuno dubitò che l'amministratore delegato si fosse assunto il compito di condurre a termine l'ormai inevitabile frazionamento della corporation. Questa strategia, ormai in fase di avanzata realizzazione all'arrivo di Gerstner, avrebbe di fatto cancellato dal panorama industriale americano l'azienda che aveva creato molte delle più importanti tecnologie del settore. Egli, al contrario, lanciò un appassionato appello a tutti i manager: lavorare insieme per riaffermare la missione dell'IBM. Quale? Trasformarsi in un fornitore di soluzioni integrate, sotto la bandiera di un incondizionato orientamento al cliente. Spiazzando completamente i suoi critici, Gerstner optò per la coraggiosa decisione di non smembrare l'IBM e di ridurre drasticamente i prezzi del suo principale prodotto per riacquistare competitività. In questo volume descrive in prima persona la trasformazione sia a livello competitivo, sia nella sua cultura e ci offre un dettagliato resoconto della sua campagna per ricostituire il team di management e infondere nel personale una nuova determinazione e nuovi scopi. Il resoconto di come un leader possa creare una strategia vincente e rigenerare una cultura aziendale cristallizzata in un autocompiacimento ormai privo di senso, riportando un'azienda ai vertici del mercato.
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