Zoya la mia storia
Vent'anni e più di occupazione straniera, lotte intestine, governo fondamentalista. Sono gli ultimi vent'anni di una nazione martoriata, sono tutta la vita di una ragazza che ha giurato sul cadavere di un'altra di combattere i soprusi e la violenza, in ogni loro forma. Zoya è la meno romantica e la più vera delle eroine. Non si getta da auto in corsa, non salta armi in pugno da un aereo: non ha bisogno di arrivare a tanto per rischiare la pelle; fino a pochi mesi fa, bastava che i taliban la scoprissero mentre filmava le esecuzioni negli stadi, o la sorprendessero a contrabbandare materiale sovversivo. E anche ora che l'Afghanistan è nelle mani dell'ambigua Alleanza del Nord, la sua vita si svolge nella clandestinità e la sua sicurezza è in grave pericolo. Nata a Kabul nel 1978, proprio l'anno del colpo di stato filosovietico, Zoya è una militante della Rawa, l'associazione rivoluzionaria delle donne afghane che cerca di strappare la popolazione all'analfabetismo, alle malattie, alla morte. Attivista da quando era appena sedicenne, la sua è una testimonianza consapevole, spesso conquistata a duro prezzo, delle sopraffazioni perpetrate nel suo paese dai tempi del 'governo fantoccio', in un crescendo di orrori via via che il potere passava dai russi ai mujahiddin, dai mujahiddin ai talebani.
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