La dismissione

La dismissione

Dopo circa un secolo di vita l'Ilva, la grande acciaieria di Napoli, è condannata a scomparire e Vincenzo Buonocore, ex operaio diventato tecnico delle Colate Continue, viene invitato a sovrintendere allo smontaggio del 'suo' impianto, venduto alla Cina. Buonocore non si sottrae, decide anzi di buttarsi a corpo morto in questa impresa sino a farne il proprio 'capolavoro', l'appuntamento più importante della sua vita professionale. Storia di un'ossessione tutta privata, dunque? Nient'affatto. La dismissione intreccia fili di ogni genere, e se è vero che la nevrosi di Buonocore si colloca al centro del vasto ordito, altrettanto certo è che essa vi sta soprattutto come riverbero di un dolore collettivo, come specchio di una più generale nevrosi che investe la metropoli nel suo insieme, da sempre alla ricerca di una modernizzazione mai raggiunta; da sempre in bilico tra la sua passione per il lavoro e una sorta di biblica condanna all'arte di arrangiarsi. "Ferropoli" avrebbe dovuto essere lo strumento del grande riscatto di Napoli; avrebbe dovuto entrare nel vicolo e bonificarlo; avrebbe dovuto essere l'antidoto contro tutte le sue malattie, distillato dal sacrificio e dall'esempio di generazioni di operai: nonni, padri, figli, un corteo senza fine.
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