A non domanda rispondo
Nell'ultimo periodo della sua più che cinquantennale carriera politica, Giulio Andreotti, ha dovuto affrontare la terribile prova dei due procedimenti penali nei quali si è trovato imputato: l'uno per associazione mafiosa a Palermo, e l'altro, a Perugia, per concorso nell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Il processo di Palermo sta avviandosi all'atto finale; e proprio in quell'aula, tra l'ottobre e il novembre 1998, Andreotti, dopo aver appreso della rinuncia dell'accusa a interrogarlo direttamente, ha voluto rivolgere al tribunale (e all'opinione pubblica italiana e internazionale) un'appassionata dichiarazione spontanea, in cui confuta una per una le accuse, e contesta le motivazioni dei suoi principali accustori, i 'collaboranti' come Tommaso Buscetta, Baldassarre Di Maggio, Francesco Marino Mannoia, Leonardo Messina... Non solo: per mostrare 'come ha fatto a diventare' ciò che è diventato, cioè il politico più illustre della sua generazione, Andreotti ha premesso alle sue controdeduzoni un incisivo profilo autobiografico. Adesso quella dichiarazione è diventata un libro: un libro che è già un documento storico, indispensabile per conoscere e capire non solo la vita e l'opera del suo autore, ma anche molte verità degli ultimi cinquant'anni della storia d'Italia.
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