L'arte di parare. Trovare il coraggio per fronteggiare i tiri della vita
Nella vita di Stefano Tacconi c’è un primo e un secondo tempo, con una data spartiacque che è quella del 23 aprile 2022. Nel primo tempo è stato uno dei giocatori più rappresentativi di un calcio mitico, quando la Serie A era davvero “il campionato più bello del mondo”, punto di arrivo per i veri fuoriclasse. Con il suo coraggio e la sua guasconeria, tra il 1983 e il 1992 Tacconi è stato portiere e giocatore simbolo della Juventus, capace di raccogliere l’eredità di un totem come Dino Zoff, condividendo lo spogliatoio, tra gli altri e nel corso delle stagioni, con “Le Roi” Platini, Gaetano Scirea, Marco Tardelli, Gianluca Vialli. Una carriera straordinaria che lo ha visto vincere, fra i diversi titoli, due Scudetti, la Coppa dei Campioni allo stadio Heysel e, da protagonista assoluto, la Coppa Intercontinentale del 1985 contro l’Argentinos Juniors. Il secondo tempo inizia il giorno in cui, poco dopo aver preso parte a un evento di beneficenza, viene colpito improvvisamente da un aneurisma cerebrale dal quale si salva grazie al provvidenziale intervento di suo figlio Andrea. Da lì, e solo dopo essere uscito dal coma, comincia una nuova fase, di speranze, di paure e di fede, di nuovi compagni e di medici e fisioterapisti come tostissimi allenatori. Di ospedali, da Asti ad Alessandria, da Milano a San Giovanni Rotondo, trasferte di una geografia totalmente nuova. Una fase inattesa fatta di tanta sofferenza, di tantissima volontà e anche dell’ironia che a Stefano non è mai mancata, in campo e fuori.