Lascito testamento

Lascito testamento

La figura di Francois Villon è rimasta per molti secoli avvolta da un alone leggendario e romantico che dipingeva il poeta come un criminale pentito, su uno sfondo di forche e di impiccati e ultimi giudizi. In realtà, di chi ha scritto il "Lascito" e il "Testamento" non sappiamo assolutamente nulla. Forse era un "povero venditore di parole", più "magro di una chimera", "né del tutto folle né del tutto savio", che si costruì nei versi una biografia immaginaria, attingendo alla tradizione orale e agli atti della giustizia di Parigi. Villon ha, comunque, il merito di aver inventato un timbro completamente nuovo di poesia: il demoniaco spirito della parodia; il feroce sarcasmo; la volgarità più tragica e nera; un'oscenità sistematica come soltanto Aristofane ha conosciuto; un senso intensissimo della grandezza e della miseria del corpo; l'angoscia e il vanto del peccato; la formicolante vita quotidiana degli uomini; la forza del tempo che ci consuma e cancella ogni bellezza; e la morte e una vaga speranza e un vago rimpianto e un vago sogno... Più acuto di tutto, forse, è il piacere dell'enigma: la gioia di costruire una figura e una poesia che attraversino il tempo nascosti da un enigma laboriosamente costruito.Edizione con testo a fronte.
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