Vico dei miracoli. Vita oscura e tormentata del più grande pensatore italiano
«Ma chi è quel cristiano secco e bassolino col bastone appuntito che attraversa ogni mattina Spaccanapoli? Se ne va sempre solo, cammina piano, sembra un poco scartellato, come dicono qui…» L’uomo dal fare modesto e dall’aspetto dimesso che nel 1730 – a sessantadue anni – percorre le vie di Napoli è in realtà uno dei più fulgidi e influenti pensatori del suo tempo, forse il più importante in assoluto: Giambattista Vico. Che ha appena dato alle stampe la seconda edizione, riveduta e ampliata, del suo capolavoro: La scienza nuova. Quell’anno e quell’opera lo consacreranno «alla posterità e alla notorietà, segnando l’inizio del suo periodo aureo». Un periodo, però, fin troppo breve, perché spesso il suo fondamentale contributo è stato frainteso o sminuito, tanto dai contemporanei quanto dai posteri. Eppure, dal Medioevo fino al Novecento, Vico «primeggia, precorre tempi e pensieri, lascia impronte destinate a fruttare e semina intuizioni che ciberanno pensieri e pensatori del futuro». Come ci ricorda Marcello Veneziani, egli si pone al crocevia della cultura mediterranea; «fonda il pensiero della storia, nutre la filosofia con la filologia, intuisce le origini favolose e poetiche dell’umanità, intreccia ragione e fantasia, tradizione e modernità, visione cristiana e visione classica della storia, disegna una teologia civile, risale alle fonti della religione e infine ritrova nelle vicende umane, storiche e mondane, la traccia di Dio e della Provvidenza». Con il piglio del cantastorie e la precisione dello storico, Veneziani ci racconta la vita tormentata di uno dei grandi filosofi della nostra tradizione. Tutto scorre come in un romanzo, ma ogni dettaglio è veritiero: la nascita e l’infanzia travagliata; il lavoro di precettore; i primi passi accademici; le incredibili vicissitudini familiari; i rapporti con la Chiesa, i reali e la nobiltà; le opere incomprese; la vecchiaia, la morte e la farsa dei funerali ripetuti; la gloria postuma.