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Hana Westerman e una donna tenace. A quarant’anni non ancora compiuti e già capo di una squadra investigativa: una brillante carriera che rischiara l’ombra che la opprime da quando, giovanissima, si è schierata contro la comunità maori in cui e cresciuta ad Auckland, Nuova Zelanda. Un giorno come tanti, riceve una mail anonima con un filmato amatoriale in allegato. Un video apparentemente privo di senso, brevissimo, girato di notte, che inquadra l’interno di un edificio fatiscente, inagibile da anni e ormai dimora di senzatetto e tossicodipendenti. Una volta raggiunto il posto per un sopralluogo, Westerman vi trova il cadavere di un giovane uomo, impiccato. E il primo di una serie di omicidi che d’improvviso insanguinano la città, del delitto il killer lascia un koru, una spirale stilizzata simbolo di rinascita, e tutte le vittime sembrano legate da un filo rosso che riporta al passato coloniale del paese, alle brutalità perpetrate dai soldati della Corona britannica arrivati su quelle terre a meta dell’Ottocento. Sono omicidi animati da uno spirito di vendetta, mossi da un fiume d’odio antico e oscuro che sembra riaffiorare nella tranquilla città per travolgere anche Westerman, colpevole di avere un conto in sospeso con la sua gente.