Fiera della vanità (2 vol.)
Scritto in nuclei compositivi diversi, "La Fiera della Vanità" apparve nel 1847 a puntate mensili sul giornale satirico "Punch". L'edizione che fruttò all'autore ben 60 sterline a fascicolo e che lo consacrò come uno dei grandi romanzieri dell'epoca vittoriana, era accompagnata da fregi e vignette disegnate dall'autore stesso e di cui questo volume offre alcuni esempi.Il sottotitolo del libro (e titolo vero e proprio nelle fasi compositive precedenti la pubblicazione) è "Un romanzo senza eroe": non esiste infatti nelle pagine di Thackeray un personaggio che rivesta le caratteristiche tipiche dell'eroe romanzesco buono e virtuoso. Al contrario, tutti i protagonisti sono caratterizzati da una dose variabile di ambiguità morale. Le due figure centrali, Becky Sharp e Amelia Sedley, così diverse per carattere e destino sociale, hanno entrambe qualcosa da nascondere. Becky è più accattivante e colorita, è intelligente, astuta ma fondamentalmente amorale. Amelia, buona e generosa, nella sua apparente integrità sembra lasciare troppi interrogativi aperti e alla fine il lettore è costretto a domandarsi quale delle due sia il più biasimevole.Dissacrante e amaro ritratto dell'Inghilterra 'regency', il romanzo dipinge una società in cui tutto ruota attorno al potere, e al benessere economico e al servilismo verso i potenti. Per Thackeray trionfano l'astuzia, l'opportunismo e la mancanza di scrupoli. E con un abile tocco di ironia l'autore riporta le manovre e gli affanni che hanno riempito la vita delle due protagoniste a un equilibrio finale, mostrando Becky e Amelia, ormai pacificate signore del nascente periodo vittoriano, paghe di una conquistata rispettabilità agli occhi del mondo.
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