Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli
Apparso per la prima volta nel 1801, il "Saggio storico" si distinse nel panorama del pensiero politico del tempo per il lucido realismo con cui analizzava le cause della rivoluzione napoletana del 1799, unito alla riflessione più ampia sulla situazione storica. Erede della tradizione del Machiavelli e del Vico, reinterpretata alla luce della cultura settecentesca napoletana, il Cuoco seppe far sua la grande lezione della rivoluzione francese rifiutando la retorica di ogni tipo e colore, senza mai discostarsi da "quella moderazione che è compagna inseparabile della sapienza e della giustizia". Tale moderazione ha dato luogo alle più vari interpretazioni: da quella che dipinge il Cuoco come un conservatore nazionalista "odiator dé Galli" e avverso alla rivoluzione francese; a un'altra che lo vede come espressione della classe dirigente formatasi in Italia prima del 1815 e fautrice della concezione monarchica costituzionale; per finire con l'ipotesi del Cuoco diviso tra l'accettazione del cesarismo napoleonico come solo rimedio all'instabilità di governo e la sua dubbia adesione alla massoneria. Indiscussa resta la concreta consapevolezza storica del Cuoco che, grazie all'esperienza diretta degli eventi napoletani, seppe mettere in luce, come pochi, la forza dell'azione popolare e il consenso come moventi delle rivoluzioni e delle riforme, e propose, contro il pericoloso divario tra il popolo e le classi dirigenti, soluzioni rivolte all'educazione civile e nazionale. Temi questi che percorreranno tutto il Risorgimento e che faranno del "Saggio" un classico del pensiero politico italiano.
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