Intenzioni e altri saggi

Intenzioni e altri saggi

Nel 1864 Matthew Arnold afferma che il vero critico deve nutrire per l'opera d'arte una curiosità 'disinteressata' poiché il fine della critica è di "vedere l'oggetto come esso è in realtà". Tale posizione comincia a sgretolarsi nel decennio successivo con Walter Pater, che prende in considerazione l'effetto che un'opera può produrre sull'animo del critico. In sostanza si passa da una posizione rigida e statica a una posizione flessibile e dinamica che vede anche il critico in continuo divenire, insieme all'opera, insieme all'artista. Nel 1891 con "Intenzioni" - e particolarmente con il saggio "Il critico come artista" - Oscar Wilde porta a perfetto compimento l'opera di scardinamento iniziata da Pater sostenendo che la forma più alta di critica è quella che configura nell'opera quanto l'artista non aveva inteso includervi. Nei saggi qui raccolti - "La decadenza della menzogna"; "Matita, penna e veleno"; "La verità delle maschere" e il celeberrimo "L'anima dell'uomo sotto il socialismo" - Wilde si diverte a ribaltare le convinzioni borghesi, le verità dei benpensanti, le analisi dotte dei professori. Afferma che non è l'arte che imita la vita bensì la vita che imita l'arte. Elogia la funzione della menzogna. Esalta l'individualismo. Esorta alla visione interiore, se vogliamo cercare di vivere: "Vivere è quanto di più raro ci sia al mondo. La maggior parte degli uomini non vive - esiste e basta".
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