Memorie di un cacciatore
Quando, tra il 1847 e il 1850, apparvero i racconti di Turgenev, poi raccolti con il titolo "Memorie di un cacciatore", il pubblico li lesse prevalentemente come un atto di denuncia sociale: le condizioni miserevoli dei contadini, il dispotismo dei proprietari, il processo di impoverimento delle campagne vi erano descritti con tanta evidenza da suscitare emozione. Si dice che lo stesso erede al trono, il futuro Alessandro III, ne rimanesse profondamente turbato. Ma al di là del significato umanitario e morale che tanto colpì i contemporanei, i racconti rivelano altri aspetti dell'arte di Turgenev: innanzi tutto il sentimento della natura, evocata con poetica semplicità in tutte le sue sfumature: il respiro della steppa, le voci e gli odori del bosco, i colori del cielo, la varietà delle piante e degli uccelli, il mutare delle stagioni. E' il paesaggio russo, con la sua misteriosa bellezza, lo sfondo su cui si dispiegano le varie vicende dell'esistenza quotidiana: storie di vita, di morte, di fede, incarnate in personaggi comuni, ritratti senza patetismi nell'immediatezza dei gesti e delle parole. "Difficile scrivere dopo di lui" affermò il grande Tolstoj. E con queste "Memorie" Turgenev non ci offre soltanto un documento importante della civiltà contadina russa, ma il libro che con straordinaria naturalezza sa trasmettere al lettore l'impressione della vita.