Iscrizioni funerarie romane
Tra le tante voci del mondo antico che sono giunte fino a noi, quelle incise nel marmo o nel bronzo sono le più autentiche: non hanno subito modifiche o sviste da parte di copisti o di revisori. Schiudono spiragli sull'esistenza, gli affetti, i valori e l'atteggiamento di fronte alla morte di persone scomparse da molti secoli; lasciano scorrere davanti a noi, come in una carrellata, quella che Virgilio chiamò la plurima mortis imago, i molteplici aspetti della morte: l'incendio, il naufragio, il duello del gladiatore, la battaglia del legionario, la malattia, la vecchiaia, il parto della giovane donna, il pugnale del bandito o dello schiavo, fino al sortilegio malefico. E la poesia umile degli anonimi: prosegue dal sepolcro il colloquio con i vivi, lancia il suo appello a una sosta, a un momento di meditazione, minaccia chi oserà violare o contaminare quel piccolo terreno consacrato, rivela la filosofia del defunto, la sua cultura quando cita autori famosi e la sua verità segreta e profonda.
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