Storielle ebraiche
Il grande umorismo degli ebrei ashkenaziti è yiddish: esso deriva, strutturalmente, da quella straordinaria lingua e da quella cultura diasporica che fiorirono nell'Europa orientale a partire dal diciassettesimo secolo e che in seguito giunsero in Transilvania, Ungheria, Slovacchia, in singoli altri domini ereditari degli Asburgo, ma con una connotazione colta a Vienna. Lo stesso Freud ne rimase affascinato. Le storielle di questo volume, che provengono dall'area russo-polacca e ucraino-galiziana, subirono negli anni Venti del nostro secolo una revisione sia di gusto che di collocazione. Rivisitate con uno spirito moderno, in alcuni casi sono state trasposte a Budapest, Vienna, Trieste e persino Parigi; al nucleo centrale attentamente ridisegnato abbiamo aggiunto quelle più caratteristiche dell'ebraismo americano yiddish e altre composte recentemente in Europa. E' un linguaggio che riflette nella sua Yiddishkeit l'arte dei fratelli Marx, di Charlie Chaplin e di Woody Allen. Mai vanno collegate, perché distantissime, alla satira goliardico-carnascialesca, o allo humour inglese, oppure alla malizia della battuta francese. L'umorismo yiddish compendia infatti la storia del popolo d'Israele e ne interpreta la psicologia sottolineando una fortissima indipendenza di giudizio; se la parola 'laico' ha ancora un significato, queste storielle capziose, spregiudicate, veloci, vivono prive di ogni benedizione.
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