Fiabe irlandesi
James Stephens, uno dei grandi protagonisti della rinascita letteraria irlandese nel primo novecento, sentì - come Yeats, Synge e Joyce - con passione coinvolgente e ironico distacco il legame culturale con la tradizione del suo paese. Convinto che le storie leggendarie antiche, conservate in codici medievali e riportate alla luce in anni a lui vicini, custodissero un preziosoo tesoro di conoscenze, questo "folletto della letteratura irlandese" le ricreò, facendole ancora vivere con straordinaria spontaneità e fedeltà allo spirito originario. Protagonista della maggior parte delle storie che compongono queste "Irish Fairy Tales" (1920) è Fionn, l'eroe più caro agli irlandesi, che ci appare qui in tutta la sua accattivante poliedricità: come bambino ricco di temperamento, appassionato amante, tenerissimo padre, amico dei suoi adorati cani da caccia, come avventuroso capo delle bande di Fianna, come poeta, veggente, saggio - sempre animato, in ogni suo ruolo, da irrefrenabile curiosità per il diverso, per l'altro mondo, per la "musica di ciò che accade". Stephens, moderno cantastorie, conosceva l'arte dell'antico 'seanchai', capace di tenere tesa l'attenzione del suo pubblico giocando sull'alternanza di molti registri narrativi, sugli scarti di toni, sull'intrusione improvvisa di considerazioni di una solare, teosofica saggezza. E sapeva orchestrare con perizia i grandi temi del patrimonio letterario celtico: i momenti salienti della vita di un eroe (il corteggiamento, l'avventura, la visione), le metamorfosi magiche, le imprevedibili manifestazioni del meraviglioso. Motivo onnipresente è l'incontro e interazione del mondo reale con quello soprannaturale e fiabesco. Sarà stata quella maestria nel dominare tanta varietà di stili e temi la ragione per cui Joyce, suo "gemello celeste" (proclamavano infatti di essere nati a Dublino nello stesso giorno, alla stessa ora), pensò di eleggere Stephens a erede e continuatore del "Finnegans Wake"?
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