La canzone di Orlando
"La Chanson de Roland" è stata composta qualche lustro avanti la prima crociata, nel periodo delle incursioni francesi nella Spagna musulmana, quando si attendeva che Carlo Magno resuscitasse, "Carolus redivivus", per mettersi alla testa della crociata. Ebbe presto un successo grandissimo. Venne cantata nelle piazze, davanti a chiese e conventi, nei mercati, nei santuari più famosi e lungo le strade percorse dalla folla dei pellegrini. Si basa su un piccolo avvenimento reale: la spedizione di Carlo Magno in Spagna nel 778, quando la sua retroguardia venne annientata nelle gole pirenaiche dai Baschi; proprio come l'"Iliade" è nata attorno a una incursione forse non importantissima dei guerrieri micenei. Tutto sembra ricordare Omero: la sapienza nella versificazione formulare, la grandezza dell'interpretazione eroica di una civiltà intera, la coscienza che la gloria consiste di dolore e di sacrificio, la malinconia virile; e quando ascoltiamo il suono dell'olifante perdersi nelle valli di Spagna o assistiamo alla morte di Oliviero, di Turpino e di Orlando, come non ricordare le vette eroiche e luttuose dell'"Iliade", Ettore e Patroclo, Achille e Priamo? La storia della "Chanson" avviene in sei giorni, la durata biblica della creazione: gli spazi e i tempi sono scorciati e bruciati: dappertutto affiorano gli echi dei Vangeli e delle leggende agiografiche, che danno alle parole guerriere un'eco religiosa. Con sempre nuovo entusiasmo rileggiamo la "Chanson": come osserva Cesare Segre, il lettore di oggi è forse più sensibile alla sapienza speculare dei parallelismi e alla delicatezza - paesaggi simbolici, pini, olivi, tassi, poggi alti, valli tenebrose, armature che brillano e gonfaloni al vento, tenerezza di sentimenti - che affiora tra le maglie dell'austera tessitura eroica.
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