Ulysse
«Gli dei non valgono molto di più degli umani. Ma io questo credo di averlo sempre saputo.» Decenni di letture scolastiche ci hanno abituati a un Ulisse valoroso, astuto e sempre in grado di tenere la situazione sotto controllo. L'Ulysse di Jacques Lob e Georges Pichard, realizzato tra il 1968 e il 1974, invece, porta con sé la fervida confusione e le ambizioni libertarie di quegli anni. Dietro le sue disavventure non c'è soltanto lo zampino degli dei, ma la sua divorante curiosità, l'irreprimibile bisogno di mettere a rischio la pelle pur di sapere cosa gli riserverà la prossima avventura. Scruta il mare pensando alla sua Itaca, ma quella tristezza è il più sottile dei suoi inganni, un'esca rivolta a se stesso: la casa a cui vuol far ritorno non esiste. È un miraggio, un ricordo che la nostalgia si ostina a magnificare. In questa rilettura del poema omerico, Lob tiene viva l'eterna freschezza del testo originale, mentre il segno di Pichard trasporta l'armoniosa solidità dell'arte antica nella psichedelia, restituendo a questo classico la sua dimensione onirica, perché quello di Ulysse è il sogno più antico e radicale dell'umanità: la voglia di cedere al sensuale candore della libertà.