Affezione e dimora
Uno che si decide a far famiglia, lo fa costruendo sulla capacità affettiva propria e dell'altro. Ma il mondo scarta la nostra capacità affettiva, che è la cosa più fragile in noi; tende a ridurla a un'istintività. E così si fa famiglia per altri motivi che non per evolvere la capacità affettiva: per tornaconto, per essere serviti, per i soldi, perché piace. Però, anche se prendiamo sul serio la nostra affettività - che è il meglio di noi: quando ci si guarda con amicizia, con simpatia, si capisce che è il meglio di noi! -, a un certo punto ci troviamo di fronte a un'incapacità drammatica: sulla nostra affettività cosa possiamo costruire di stabile, di sicuro? E' la grande domanda che si può fare su qualsiasi nostro impeto umano: che conto si può fare sulla fedeltà, sulla lealtà? Ma è accaduto che il mistero di Dio è venuto tra noi, ha preso questa nostra fragilità e, non solo non l'ha scartata, ma ha tolto da essa la sua incapacità ultima; la rende capace di gratuità e su di essa costruisce l'opera nuova, una umanità nuova. Costruisce un'amicizia: un rapporto tra l'uomo e la donna, una casa, una dimora, una società, un'epoca diversi.