Le mie prigioni
Silvio Pellico usciva dallo Spielberg nell'agosto del 1830, "Le mie prigioni" furono pubblicate nel novembre 1832. La distanza di tempo è importante per capire il clima da cui nasce il libro: un clima di "vitalità" che è divenuta tutta interiore, ma anche un clima di assoluto isolamento, a cui Pellico è relegato, come dice, dal 'sospetto dei politici' e dal 'timore dei benpensanti'. C'é dunque ne "Le mie prigioni" - sicuramente - la tentazione dell'autore a erigersi un monumento, sia pure modesto, di farsi modello di precetti austeri. Ma c'é anche in esse l'affanno di un 'povero cuore': una fragilità che rende tormentosa ( e pericolosa) a lui la solitudine continua, che gli fa nemica 'l'immaginativa' e persino la più semplice memoria degli affetti. In questa verità di un movimento interiore, che ha poi sulla pagina una sua intensa proiezione figurativa, può essere letto oggi questo libro, a più di centocinquant'anni dalla sua prima pubblicazione. (Quest'opera è seguita, inoltre dalle ADDIZIONI DI Piero Maroncelli).