Il rosso e il nero
Il 1830 segna l'ascesa di Luigi Filippo al trono di Francia e l'apparire nelle vetrine dei librai di un nuovo romanzo "Il Rosso e il Nero", del quasi quarantottenne Stendhal. La vicenda che vi si narra è calata nella realtà storica e morale dell'epoca. Tutto ciò che del suo tempo indigna o appassiona Stendhal - la tirannia del potere politico, l'asservimento delle coscienze, le trame dell'ambizione - si trasfonde nell'animo di uno straordinario personaggio, Julien Sorel, la cui inquietante vitalità riflette le tensioni e i conflitti della generazione postnapoleonica. Sorel è povero, intelligente, orgogliosissimo calcolatore. In una società di spiriti tiepidi e mediocri sogna e sente di poter salire ai vertici della ricchezza e del potere. La sua strategia è la simulazione; la sua arma immediata, il fascino sulle donne. Romanzo d'amore, ma anche documento di un'epoca e specchio di una inquieta sensibilità romantica, "Il Rosso e il Nero" dà avvio alla grande stagione del realismo ottocentesco. Il suo fascino è persistente e ambiguo. Se ne lodano il vigore del disegno, la profondità delle intuizioni la varietà dei caratteri, dei colori, dei paesaggi. E ancora sembra sfuggire "quel certo non so che" per cui il lettore resta avvinto alle sue pagine. Gide diceva che la malizia di Stendhal era quella di scrivere di getto, come se parlasse con se stesso. In questa genuina spontaneità di narrazione è forse il segreto di un'opera che come poche altre restituisce al pubblico moderno il piacere antico della lettura.
Momentaneamente non ordinabile