Delitto e castigo

Delitto e castigo

Tormentato dall'assillo dei creditori e dal bisogno continuo di denaro, divorato da un'ansia febbrile di scrivere un nuovo romanzo - "lavoro come un dannato... giorno e notte" -, Dostoevskij concepì "Delitto e castigo", uno dei più celebri e geniali romanzi moderni, quando era ancora ai lavori forzati, "sui tavolacci, in un difficile momento di tristezza e di autodegradazione", ispirato dal contatto diretto con quel mondo straordinario di criminali che offrì infinito materiale alla sua immaginazione. "Rendiconto psicologico di un delitto", come lo definì lo stesso autore, il romanzo - dominato dalla tormentata figura di Raskol'nikov, giovane studente in cui filantropia e spietata volontà di potere, teorie nichiliste e disprezzo per la società si fondono in una terribile miscela - ha tutta la febbrile tensione e la misteriosa ambizione di un romanzo poliziesco. Ma la geniale struttura di questo capolavoro, immerso in un'atmosfera soffocante e delirante, rivela infiniti piani di lettura e molteplici, continue sfaccettature. Che cos'è dunque veramente "Delitto e castigo": un romanzo sociale? Un romanzo politico? Un romanzo filosofico o un romanzo confessione? A tutti questi interrogativi risponde brillantemente Clara Strada Janovic nell'introduzione, fornendoci anche un quadro dettagliato dei giudizi critici espressi all'epoca in cui l'opera uscì.
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