La prova. 20 anni: condannata a morte in Malesia
Una valigia verde decide il destino di una ragazza di vent'anni, Béatrice Saubin: è un regalo del suo amante, il cinese Eddy Tan Kim Soo conosciuto in Malesia, che ha promesso di raggiungerla a Zurigo; ritorneranno insieme, più tardi, in Oriente. Nel doppio fondo della valigia è però nascosto mezzo chilo di eroina, anche se Béatrice non lo sa. Lo sa la polizia malese che ha pedinato lei e l'uomo nei giorni precedenti e che l'arresterà all'aereoporto di Bayan-Lepas, nello Stato di Penang, il 27 gennaio 1980. Il trafficante si lascia invece sparire nel nulla. Comincia così l'odissea di Béatrice, la detenzione preventiva, il processo e la condanna a morte e così, tragicamente, svanisce anche il suo sogno di trovare nella via dell'Oriente la ricompensa a una infanzia triste, all'abbandono della madre che l'ha lasciata alla nonna; questa vecchia donna però, non si arrende: chiede aiuto ai giornali, convince un famoso avvocato parigino, Pierre Lombard, a prendere la difesa di Béatrice, a presentare appello alla corte federale di Kuala Lumpur. L'"affaire Saubin" è diventato un caso celebre. Lombard va in Malesia, si convince dell'innocenza della ragazza e, nel 1982, ottiene che la condanna a morte sia mutata in detenzione.Quando finalmente arriva la libertà, nell'ottobre 1990, Béatrice Saubin ha 31 anni e potrà raccontare con crudezza e sincerità la sconvolgente esperienza della sua segregazione - lei bianca e straniera - fra le malesi, le cinesi, le indiane recluse, relitti di droga, di prostituzione, di malvivenza, che popolavano il suo 'inferno esotico'.
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